Notule
(A cura di LORENZO L. BORGIA & ROBERTO COLONNA)
NOTE
E NOTIZIE - Anno XXII – 01 novembre 2025.
Testi pubblicati sul sito www.brainmindlife.org
della Società Nazionale di Neuroscienze “Brain, Mind & Life - Italia”
(BM&L-Italia). Oltre a notizie o commenti relativi a fatti ed eventi
rilevanti per la Società, la sezione “note e notizie” presenta settimanalmente
lavori neuroscientifici selezionati fra quelli pubblicati o in corso di
pubblicazione sulle maggiori riviste e il cui argomento è oggetto di studio dei
soci componenti lo staff dei
recensori della Commissione Scientifica
della Società.
[Tipologia del
testo: BREVI INFORMAZIONI]
Malattia di Alzheimer: i translatomi circadiani gliali rivelano la riprogrammazione
patologica. Sheehan e colleghi hanno realizzato un atlante
dell’espressione genica circadiana della glia della corteccia cerebrale del
topo, ottenendo informazioni di straordinario rilievo. In breve, i ricercatori
hanno caratterizzato i translatomi di astrociti
e microglia corticali murini in due condizioni poste a confronto: 1)
la patologia amiloide nei modelli di malattia di Alzheimer e 2)
l’invecchiamento fisiologico. L’analisi ha rivelato una riprogrammazione delle
vie associate alla neurodegenerazione specifica per la cellula e per la
malattia. [Cfr. Nature Neuroscience – AOP doi: 10.1038/s41593-025-02067-1,
2025].
Analgesia nel dolore cronico:
l’inibizione precoce di FKBP51 dà analgesia durevole e preventiva. Il
dolore cronico affligge dal 20 al 30% della popolazione e si accompagna spesso
a reazioni ansiose e depressive, che lo rendono uno dei problemi terapeutici
più pressanti nella pratica medica quotidiana. Sara Hestehave
e colleghi hanno accertato e dimostrato che l’inibizione precoce di FKBP51, un
modulatore nello sviluppo dello stress, all’inizio di un danno
articolare, oltre a fornire un effetto analgesico sostenuto, previene le
comorbidità emozionali in una modalità sesso-dipendente. L’inibizione di FKBP51
avviata dopo lo sviluppo di dolore cronico determina sollievo solo temporaneo e
scarso effetto sulle componenti emozionali della sofferenza. [Cfr. PNAS USA 122 (44) e2517405122,
October 30, 2025].
Schizofrenia: pattern della
cromatina neuronica e gliale simili a quelli del feto. Kiran
Girdar e colleghi hanno mappato l’accessibilità della
cromatina nei neuroni e nella glia del cervello schizofrenico, scoprendo dei pattern
di regolazione di tipo simil-fetale in neuroni adulti ricchi di varianti
geniche associate al rischio di schizofrenia. L’esito di questo studio lega le
prime fasi dello sviluppo dell’encefalo alla patogenesi dei disturbi
schizofrenici. [Cfr. Nature Neuroscience – AOP doi: 10.1038/s41593-025-02081-3,
2025].
Sonno: nuovo modello del processo di
addormentamento verificato su oltre 1000 persone. Junheng
Li del Dipartimento di Scienze del Cervello dell’Imperial College di Londra e
colleghi anche di altra provenienza hanno sviluppato uno studio del processo
cerebrale di transizione dallo stare sveglio all’addormentarsi, prendendo le
mosse dai cambiamenti di attività dell’elettroencefalogramma, per dedurre un
modello fenomenico generale. Le evidenze emerse dimostrano che la transizione
segue dinamiche di biforcazione con un distinto punto di vertice,
preceduto da un rallentamento critico. Le dinamiche di biforcazione sono state
validate dagli autori in due set di dati tra loro indipendenti, che
riguardavano oltre 1000 partecipanti. Il modello consentiva di prevedere la
progressione di una persona verso il sonno in tempo reale, e con una notevole
accuratezza. [Cfr. Nature Neuroscience – AOP doi: 10.1038/s41593-025-02091-1,
2025].
Maturazione della cognizione nella
scimmia rilevata da misure di anatomia cerebrale e attività. Zhu
e colleghi hanno studiato la maturazione della cognizione nella scimmia
mediante misurazioni longitudinali della struttura cerebrale e delle attività.
È noto che nei primati la memoria di funzionamento (WM, da working memory)
migliora durante lo sviluppo del cervello nell’età adolescenziale: la
maturazione dei tratti di sostanza bianca e dei pattern di attivazione
neuronica, verificata nel tempo da Zhu e colleghi, acuiva la precisione della
WM e consentiva di prevedere la maturazione cognitiva della scimmia. [Cfr.
Nature Neuroscience – AOP doi: 10.1038/s41593-025-02076-0, 2025].
L’illusione ottica di Ebbinghaus inganna il guppy
ma non le colombe. L’illusione ottica di Ebbinghaus consiste in due cerchi uguali, che sono
considerati in genere dal nostro cervello di dimensioni differenti perché uno
circondato da cerchi grandi e l’altro da cerchi piccoli. Questo effetto si
verifica nell’elaborazione dell’immagine come intero, e dunque sempre a colpo
d’occhio, ma può essere superata se si fa la scansione dei singoli dettagli.
Numerosi animali cadono in questa illusione ottica, che rivela come si verifica
l’automatismo di osservazione in quella specie, se con elaborazione sintetica,
ingannando l’animale, o con elaborazione analitica, non traendolo in inganno.
Un gruppo di ricerca dell’Università di Vienna ha adottato ingegnosi
esperimenti per mettere alla prova con questa illusione due specie distanti fra
loro: un pesce d’acqua dolce e una colomba.
Il guppy
(Poecilia reticulata)
un pesciolino molto vivacemente colorato delle acque dolci delle isole
Barbados, immancabile negli acquari delle ville americane, ha rivelato una
visione per sintesi complessiva dell’immagine, in quanto gli esemplari
sottoposti all’esperimento rimanevano puntualmente ingannati. Al contrario, le
colombe (Streptopelia risoria)
testate non si lasciavano ingannare, rivelando un meccanismo visivo di
scansione dettaglio per dettaglio. [Fonte: Università di Vienna, ottobre
2025].
Perché i delfini del Nord Atlantico
vivono di meno e le femmine, in particolare, 7 anni meno che nel 1997? Ricercatori
dell’Università del Colorado a Boulder hanno rilevato un crollo del 2,4% nella
crescita delle popolazioni di delfini dell’Atlantico settentrionale per effetto
soprattutto della cattura accidentale in operazioni di pesca di vasta portata.
In passato, il comportamento intelligente dei delfini comuni, che ne ha fatto
la specie di cetacei più numerosa nelle acque tropicali e temperate del
pianeta, è stato sempre sufficiente ad evitare o ridurre al minimo i rischi di
morte accidentale, ma ora con le nuove tecniche di pesca gli adattamenti
sviluppati nel passato non sono più sufficienti ad evitare il rischio di
cattura accidentale. Nelle femmine, in particolare, si è rilevato un crollo
della vita media di 7 anni dal 1997, ma l’esatta ragione di questa maggiore
vulnerabilità è ancora al vaglio dei ricercatori. [Fonte: University of
Colorado at Boulder, Oct.
22, 2025].
Si potrebbe adottare per i delfini del
Nord Atlantico la soluzione ideata per salvare le tartarughe? La
scorsa settimana abbiamo pubblicato una “Notula” (v. Come salvare le tartarughe
marine senza far morire di fame i pescatori: una geniale invenzione)[1]
in cui si presentava un’ingegnosa soluzione al problema della cattura
accidentale delle tartarughe marine, che supera le capacità intelligenti di
evitamento degli animali: “Jesse Senko e colleghi di
un team universitario della School of Ocean Futures hanno avuto un’idea
letteralmente illuminante per risolvere il problema senza vietare del tutto la
pesca: illuminare le reti e gli altri strumenti di pesca con LED a luce verde
alimentati da energia solare, che induce l’evitamento di tartarughe, squali e
altre specie protette”. Abbiamo segnalato questa possibilità ai ricercatori
dell’Università del Colorado a Boulder, autori dello studio sulla riduzione
della vita media dei delfini nei mari del nord. [BM&L-Italia, novembre
2025].
Lo sfondo culturale del nostro lavoro di
ricerca delle radici psicologiche e antropologiche dei miti classici. Dopo
la pubblicazione della notula della scorsa settimana sull’analisi del mito
delle Moire, che ha rivelato atteggiamenti mentali degli antichi, abbiamo
ricevuto la richiesta di una “collocazione culturale di questo interessante
lavoro”, a cui rispondiamo volentieri, provando ad abbozzare in estrema sintesi
un quadro dei presupposti.
Come è noto, i miti greci e romani
costituiscono allo stesso tempo una memoria indelebile della cultura
occidentale e parte di un immaginario collettivo, che è andato evolvendosi col
passare delle generazioni e delle epoche, ma che sembra possa essere rievocato
come un’infanzia del pensiero, in grado di veicolare nel presente qualche
effetto della remota essenza di un modo tanto diverso dal nostro di stare al
mondo. In passato, dei letterati studiosi di miti avevano sostenuto la tesi che
la struttura di queste trame avesse origine da un unico modello, ma l’indagine
strutturale, l’antropologia culturale, l’antichistica e i metodi di studio sviluppati
nelle università mitteleuropee, in particolare presso le scuole di alti studi
umanistici, presso la Sorbona e il College de France, hanno reso evidente l’origine
quanto mai varia di queste costruzioni confabulatorie, iperboliche, simboliche,
fiabesche, ingenue o ermetiche, concepite sulla spinta di esigenze
psicologiche, sociali, politiche e militari, ma sempre rivelatrici di un fondo
antropologico comune. Si tratta di una radice che ci restituisce il registro ontologico
degli autori, che potremmo dividere in due ipotetiche e approssimative
categorie: gli ideatori delle prime tracce di senso e i costruttori,
ossia coloro che hanno elaborato letterariamente le storie nel corso dei secoli.
Fra i nostri autori di riferimento
abbiamo Jean-Pierre Vernant e Marcel Detienne, il quale, oltre ai preziosi
saggi che lo hanno reso celebre, ha anche curato il volume: Il mito. Guida
storica e critica (1994). Michael Grant e John Hazel, nell’introduzione al
loro Dizionario della Mitologia Classica, scrivono sull’origine dei
miti: “Furono inventati per spiegare fenomeni naturali in un modo
prescientifico, per descrivere luoghi, riti, nomi i cui significati originali
erano andati perduti, per giustificare usanze e istituzioni, per attribuire
agli dei personalità e gesta drammatiche, per esaltare nazioni, tribù, stirpi e
gerarchie politiche o sacerdotali, per gonfiare la storia antica con aggiunte
inventive, per indulgere a una consapevole credulità con racconti di avventura
ed eroismo; e talora semplicemente per divertire, intrattenere, ingannando le
lunghe ore d’oscurità, o il tedio di un viaggio polveroso, o la tensione di una
burrascosa traversata”.
Una nozione certa nella sua semplicità,
ma difficile da indagare nella sua realtà storica, ci porta a distinguere i
miti nati dagli strati più umili e anonimi della popolazione, in genere
caratterizzati da una struttura semplice e un significato simbolico evidente, e
i miti costruiti in seno all’élite e imposti dai potenti a tutto il popolo, al
fine di conformarlo a convinzioni, ragioni, principi e valori di culto
prescelti dai governanti.
Sulla genesi dei miti, nel Novecento si
sono contese il campo due teorie principali, formulate per spiegare come
racconti simili, e a volte quasi identici, appartenessero alla tradizione di
popoli diversi e abitanti in terre fra loro lontane: 1) la prima sostiene che
tutte le civiltà attraversano fasi simili di maturazione nel tempo e che, ad
esigenze simili, si risponde con la costruzione di storie simili; alcuni
sostenitori di questa teorie invocavano l’universalità di “strutture dell’inconscio
collettivo” secondo Jung, ossia adoperando un mito contemporaneo assolutamente
privo di fondamento nella realtà; 2) la seconda teoria, nota come “diffusionista” sostiene che le rotte migratorie dei popoli,
che portavano con sé le loro tradizioni orali, possono spiegare in base alla
diffusione dei racconti, magari diventati incompleti, malcompresi e riadattati
dai popoli riceventi, il fenomeno delle innumerevoli trame simili presenti
nelle tradizioni antiche.
In realtà, questo argomento è oggetto di
studi impegnativi e interessanti, che molto lentamente e a fatica, stanno
rintracciando traiettorie storico-geografiche compiute da alcuni miti, e le
ragioni degli inevitabili cambiamenti.
Oggi si ritiene che, senza bisogno di
inventarsi una chimera dell’immaginario come l’inconscio collettivo, sia
plausibile ritenere che vi possa essere stata un’origine multicentrica di una
stessa idea, senza che questo precluda la possibilità che la stessa diffusione
delle lingue classiche (greco e latino) abbia diffuso le trame mitiche conosciute
dal popolo, come da artisti e letterati greci e romani. Ci piace ricordare che
sono state classificate oltre 900 versioni del mito di Amore e Psiche.
In breve, lo sfondo culturale è questo. Poi,
circa il nostro modo di procedere e i metodi seguiti per dedurre
interpretazioni, ci siamo espressi numerose volte in modo dettagliato e
approfondito, pertanto rimandiamo alla lettura di quei testi chi avesse
curiosità metodologiche.
Notule
BM&L-01 novembre 2025
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